Relazione tra segno e spazio
Tutto ciò che è frutto di dinamismo è vita. Un segno che insiste su una superficie può esercitare un’attività dinamica virtuale. In questo senso è molto importante saper riconoscere l’entità segnica, che può essere alle volte nascosta o comunque non facilmente decifrabile a prima vista, ed individuarne caratteristiche dinamiche.
Il dinamismo del segno nella pittura di Capogrossi e Bruegel
Facendo un esempio eclatante prendiamo in esame per un momento il segno del pittore Capogrossi. Si tratta di un segno aperto, che insiste su una superficie piana quasi sempre nero su bianco creando un motivo fortemente decorativo alludendo ad incastri, sovrapposizioni, incontri apparentemente casuali il cui significato resta comunque fortemente descrittivo di una condizione esistenziale.
E’ chiaro che quando si parla di dinamismo virtuale in campo pittorico, tranne alcune eccezioni, vedi gli esempi di arte cinetica e luminescente, s’intende qualcosa che si muove nella nostra mente, perché sulla tela non si muove niente. Questo avviene a prescindere dall’epoca storica che noi prendiamo in esame.
Nel dipinto "La parabola dei ciechi" di Pieter Bruegel che si trova in Italia, nel Museo di Capodimonte, a Napoli, il dinamismo descrittivo usato dall’artista per far cadere i sei ciechi nel fosso è coadiuvato da una scelta di colori abbastanza desueta e che comunque riesce a giustificare molto bene il precipitare degli sventurati. Voglio dire che vi è una perfetta simbiosi tra il racconto della parabola e il segno – colore che ne giustifica l’andamento.
Nei due casi, pur così diversi e lontani nel tempo, il segno esercita fortemente la sua valenza dinamica.


Il dinamismo del segno nell’Impressionismo
Se prendiamo in considerazione un altro momento storico che ha avuto molta fortuna critica, parlo dell’Impressionismo, notiamo che anche in questo caso il segno diventa protagonista dinamico. L’Impressionismo è nato dall’idea che un soggetto potesse essere ritratto in un momento nel quale la luce del sole lo rendesse dinamico in un continuo mutamento colore-luce. Per ottenere questo risultato gli impressionisti si servivano di una tecnica molto particolare. Se vogliamo possiamo assimilare i loro piccoli segni ad una sorta di tratteggio. Gli uni vicino agli altri, lasciando trapelare tra di essi un colore “dominante” che ne metteva in risalto la forza. Gli Impressionisti avevano grande interesse a rivolgere la loro attenzione verso un tipo di paesaggio che fosse vicino a corsi d’acqua, al mare, a stagni, la cui evaporazione continua creava un insieme di trasparenze e riflessi che, unitamente alle brevi ore del mattino o della sera, accentuavano la possibilità e la ricchezza del colore-luce, del soggetto. Dunque il segno degli Impressionisti è un segno breve, rapido e nervoso. Possiamo definirlo un appunto colto in un particolare istante del paesaggio; immerso in una luce ricca di multiformi aspetti. Questa tecnica rapidissima e spontanea, testimonia il bisogno di un fare “altro”, per ottenere un risultato antiaccademico e nello stesso tempo ricco di poesia e razionalità.
Il segno determina il "messaggio"
Il segno dunque può risultare un parametro così importante da determinare totalmente il “messaggio”. Vediamo di spiegare in cosa consiste questo messaggio.
Un segno agisce nello spazio che lo circonda in maniera diversa. Se poniamo un segno al centro di un quadrato, si avrà un momento di stasi. Questo perché le forze del “campo” ortogonali o diagonali rispetto a questo centro si annullano. Le celebri bottiglie di Morandi sono situate sempre al centro della tela. Diventano segni che provocano un equilibrio “stabile”, cioè assenza di movimento. si determina così una situazione non dinamica. In effetti le bottiglie di Morandi suscitano un sentimento di tristezza pieno di poesia senza tempo, come se queste bottiglie ricoperte di polvere fossero lì da un’eternità.


I segni nello spazio eccentrico
Vogliamo ora parlare di uno spazio eccentrico, cioè uno spazio in cui i segni si trovino lontano dal centro. Per rendere più facile la comprensione di questo concetto prendiamo in esame un dipinto cinese dell’epoca Sun e ne studiamo attentamente la composizione della struttura. Notiamo che esso ubbidisce ad un andamento eccentrico rispetto alla periferia. Qualora si tratti di una scena di paesaggio, il “primo piano” è trattato in modo tale da aggregare sulla parte in basso a sinistra le rocce e i tronchi degli alberi, mentre tutto ciò che è atmosferico, pioggia, nuvole, vento, etc. ect., si perde nella lontananza dell’ultimo piano. Questo modo di comporre provoca un movimento dinamico da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso senza praticamente alcuna raffigurazione. Ma attenzione; ciò non vuol dire che sia in preda al vuoto. Si tratta di una pausa, potremmo dire, così importante, come quella musicale.
Spesso questa pausa è così determinante da discriminare l’autore e farlo riconoscere tra gli altri, come colui che riesce a dare pienezza e compiutezza all’opera stessa.
Lo spazio è condizionatore di segni e di forme
Ritornando alla pittura occidentale possiamo dire che l’andamento del segno che agisce su di una superficie tendente al rettangolo è un naturale andamento di entra ed esci, da sinistra verso destra, come una scrittura. In questo caso le forme e i segni debbono tener conto dello spazio rettangolare; la scelta, seppur intuitiva rispetta le regole generali.
Il dinamismo dei segni e del colore in “Salomone riceve la regina di Saba” di Piero della Francesca
Vi sono infiniti esempi di questo caso, uno per tutti l’opera di Piero della Francesca “Salomone riceve la regina di Saba” dal ciclo di affreschi di San Francesco ad Arezzo. Benché re Salomone e la regina di Saba siano situati al centro della composizione, i personaggi che circondano i due protagonisti si adeguano al concetto di dinamismo “entra-esci” da sinistra verso destra e da destra verso sinistra. Questo è dovuto non solo alla posizione delle figure ma soprattutto al ruolo che i colori delle vesti giocano con continui richiami e rimandi; è questo gioco dei colori che attiva il dinamismo in tutta la composizione, quasi come la scena di un film.
Tutto ciò avviene a prescindere dal soggetto figurativo perché la scelta è determinata da un’esigenza “reale”.

Il segno di Caporossi e la non-figurazione
Il pittore Giuseppe Capogrossi nel dopoguerra si è reso protagonista di una scelta artistica coraggiosa e rivoluzionaria. Un segno solo ripetuto tante volte, per una vita intera, ha arricchito la scena dell’arte italiana nel mondo. le sue composizioni magistrali hanno dato vita ad una speculazione intellettuale tra le più prestigiose. La superficie della tela, quasi sempre bianca, esprime attraverso il segno una scrittura a forti contrasti, quasi sempre nera. La forza di questo segno diventa il messaggio esistenziale che pervade tutta la superficie. Ora drammatico, ora lieto il segno di Capogrossi è la prova incontrovertibile che la non-figurazione possiede una pregnanza ed una dialettica eccezionali.
Il segno e la composizione centralizzata
Se viceversa vogliamo fare un esempio di composizione centralizzata possiamo riferirci ad una qualsiasi pala d’altare delle nostre chiese.
Notiamo che esiste una gerarchia dei personaggi e degli eventi. Quasi sempre la Vergine è situata al centro con i santi ai lati. L’autorità massima sta sempre al centro e le altre figure bilanciano la composizione con mirabile autonomia. Infiniti sono gli esempi in questo senso e che ritroviamo anche in architettura. Specialmente nei palazzi italiani del quattro-cinquecento il grande portale sormontato dallo stemma di famiglia incute timore reverenziale al visitatore che si appresta ad entrare nel palazzo. Le finestre disposte in maniera simmetrica rispetto al portone aiutano ad accentuare questo senso di sicurezza e di potenza. Un esempio per tutti il Palazzo Farnese di Roma.
Il potere si serve di questi sistemi segnici per accentuare la propria autorità.
Un segno può avere una valenza geometrica, informale, coloristica, materica, luminosa, etc etc. E’ comunque sempre un oggetto da “comporre” intendendo per comporre il situarlo in relazione con altri segni oppure con lo spazio o con la superficie.

La similitudine con la musica
Per rendere più evidente e comprensibile tutto questo, possiamo assimilare il fare del compositore quando scrive musica. La relazione diventa più interessante quanto più desueta e ricca di variazioni timbriche, spaziali, ritmiche. La risultante proprio perché inattesa è maggiormente affascinante. Così sfruttando la possibilità innata del “contrappunto”, si possono sviluppare relazioni e concatenamenti di natura geometrica e non. Quando diciamo che il segno è un oggetto da comporre, vogliamo precisare che la natura del suo comportamento è tanto più interessante quanto più di natura variata.